Da Biancaneve a Dante
La storia del frutto proibito: la mela
di Giuliana Poli
Or, figliol mio, non il gustar del legno
Fu per sé la cagion di tanto essilio,
ma solamente il trapassar del segno.
(Paradiso, XXVI, 115-117)
La mela nel mondo della tradizione rappresenta un simbolo fondamentale: pensiamo al frutto proibito colto da Adamo ed Eva, oppure al mitico frutteto del giardino delle Esperidi della dea Hera. Come dimenticare la favola di Biancaneve e i sette nani dove Biancaneve mangia la mela avvelenata dalla strega cattiva, favola ispirata dalla dea Persefone che mangia i chicchi di melograno nel mondo dell’Ade. Il simbolista Carlo Crivelli inserisce la mela ovunque e nell’Anima mundi di Leonardo, il Cristo ha in mano un globo che rappresenta la grande mela. Dalle terre di Avalon dei miti graelici, il cui nome deriva dalla parola mela, a Guglielmo Tell, fino ad arrivare alla scoperta della gravità da parte di Newton grazie ad una mela, questo piccolo frutto rappresenta forse il più importante simbolo della tradizione arcaica, ma anche moderna, se pensiamo al marchio Apple e New York che viene chiamata la Grande Mela.
Tutte le civiltà antiche ci parlano del melo come l’albero della conoscenza che conduce all’immortalità ed incarna lo spirito della Grande Madre. Essendo la mela, il frutto staccato dall’albero della conoscenza è necessariamente il frutto sacro alla Dea. Pensiamo ad Artemide, la Diana romana che si festeggiava il 13 di Agosto con una bevanda di sidro. Gli ebrei, durante il pranzo di Natale mangiano fette di mele intinte nel miele per assicurarsi la prosperità e fertilità dell’anno nuovo. Le mele sono anche associate all’eterna giovinezza. Nel folklore russo la parola mela ha la stessa radice della parola ringiovanire. La mela è la rappresentazione dell’archetipo della Grande Madre ed attraverso di essa si ha il punto di fusione tra la terra e il cielo. Per questo è considerata il simbolo universale del ricevere e dare amore a tutti i livelli sia spirituale ma anche fisico.
Ma perché proprio questo frutto è considerato il “frutto del peccato”?
Attraverso Dante possiamo risolvere l’arcano nel XXVI Canto del Paradiso quando ci racconta quel che successe ad Adamo dopo la caduta dal Paradiso. Nel verso 115-117, il Poeta ci spiega che la cagione di tanto essilio, non derivò dal gustar del legno, ma dall’aver trapassato il segno, quindi non dall’aver mangiato il frutto proibito (Dante come nella Genesi non specifica il tipo di frutto che resta indeterminato), ma dall’aver disobbedito. Nella storia di Adamo dopo la caduta, Eva non c’è. Dante vede in Adamo se stesso, la parte materica che ha dovuto compiere un viaggio di purificazione. Eva al contrario rappresenta la parte sacra: ovvero l’anima che si è staccata dal grande Spirito albero e il Poeta la identifica con Beatrice. La mela è l’anima che si stacca dall’anima mundi, l’anima del tutto.
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